La trasformazione del paesaggio urbano

Paesaggio sardo: finestra su casa in ladiri fatiscente con grata in ferro a rombiUn paesaggio incontaminato, uomini e donne in armonia con la natura, costruzioni di forme semplici e armoniose realizzate con materiali naturali, belle città e verdi campagne coltivate. Ogni paese unico e originale come un opera d’arte, in collina la pietra e in pianura la terra, il legno e le canne, le tegole e i mattoni di terra cotta, la calce e l’argilla, gli uomini plasmano questi materiali creando degli edifici, delle case, forse semplici, ma in sintonia con il paesaggio perché nascono dalla terra. Era la Sardegna, era edilizia libera, senza piani regolatori, licenze, indici di edificabilità, regolamenti edilizi eppure il risultato era di valore e rispettava gli standard che si erano affermati nei secoli.

Un giorno arrivò il progresso e fece tante promesse a tutti. Subito iniziarono i lavori di ammodernamento, i materiali e le tecniche tradizionali vennero accantonati, gli artigiani rimpiazzati da una schiera di giovani formati nelle nuove scuole professionali che insegnavano a impastare cemento, fare muri di blocchetti e solai di calcestruzzo. Era un momento di grande euforia collettiva in cui si cercava in tutti i modi di emanciparsi dal passato, dalle costruzioni e dall’urbanistica tradizionale. Nascevano piani urbanistici che raddrizzavano e allargavano strade e viuzze, allineando e squadrando le aree secondo un’ossessiva precisione geometrica, si immaginavano nuovi quartieri e nuove forme, palazzi pubblici, vie commerciali, porticati ampi e squadrati in luogo degli edifici tradizionali.

Si iniziano ad utilizzare nuovi materiali, si demoliscono case per ricostruirle con blocchi di cemento, finestre in alluminio anodizzato e copertura in eternit, si asfaltano strade nel generale tripudio. Case viste al cinema o in televisione sono riprodotte nei dettagli, si presentano nuove molteplici e imprevedibili forme e colori e materiali e finiture, il paesaggio cambia, si arriva a quella che verrà chiamata anarchia progettuale diffusa. Ognuno costruisce seguendo i propri desideri e le proprie idee ignorando il contesto in cui si colloca la nuova costruzione, in poco tempo risulta chiaro che la vecchia armonia è persa per sempre, il paesaggio urbano è un susseguirsi di singoli edifici stonati, i centri storici pullulano di edifici fatiscenti e abbandonati in favore di nuove case costruite sui nuovi terreni edificabili nelle zone di espansione che allargano il perimetro di tutti i centri urbani. Sono rarissimi gli interventi di restauro, spesso si procede a demolizioni e ricostruzioni incongrue.

Oggi i materiali sono migliorati, ma abbiamo tanti edifici ‘moderni’ ormai obsoleti, l’anarchia progettuale non tramonta anche se i nuovi regolamenti edilizi cercano di porvi un freno, il recupero dei centri storici è frenato dalle nuove aree edificabili che anche i nuovi p.u.c. incredibilmente ammettono.

Passavamo sulla terra leggeri poi, svanita la leggerezza, iniziammo a sprofondare, forse in futuro ritroveremo leggerezza e…armonia.