Molti sardi non conoscono il Sardo, dicono di non conoscerlo, ma sanno tutte le parolacce e i modi di dire peggiori – per autodifesa – ti confessano sottovoce.
Le parolacce, l’ultimo baluardo di una lingua morente, perso tutto il lessico ci restano solo quelle e poi il silenzio, potrebbe essere un fenomeno che i linguisti hanno riscontrato in altri contesti. Forse.
Certo a vederlo da fuori, senza conoscerlo, il Sardo sembra una lingua rozza e un po’ volgare, se quello che ti arriva alle orecchie sono solo parole sconce ed espressioni triviali e di bassa lega.
Alcuni giorni fa, davanti ai miei occhi, una distinta signora che si esprimeva in un ottimo Italiano ad un certo punto ha usato la parola ‘scuartarato’ incorporandola nel suo discorso e italianizzando il termine come un prestito da altra lingua. La signora ha usato un termine proveniente dal Sardo per enfatizzare negativamente il suo discorso, adoperando, forse senza rendersene conto, un termine molto crudo, quasi volgare, che un tempo era proibito ai bambini assieme a tanti altri oggi in voga.
Il lessico più volgare del sardo è quello che viene percepito maggiormente da chi non conosce il Sardo e squalifica la lingua.
Il problema di fondo è che il Sardo è stato abbandonato dalla maggior parte dei sardi istruiti, peccato.
Oggi se parli o scrivi in Sardo sei visto dai più con simpatia, indifferenza, pietà e compassione. Loro non capiscono il perché del tuo interesse, del tuo accanimento, della tua voglia di esprimerti e di guardare il mondo in Sardo. Per loro il Sardo è inutile, altrimenti chi non lo ha imparato in famiglia si sarebbe sforzato di apprenderlo, di studiarlo, di capirlo, chi lo conosce avrebbe fatto di tutto per non perdere le proprie competenze linguistiche praticandolo ovvero parlando-ascoltando-leggendo-scrivendo e quindi avrebbe fatto uno sforzo di apprendimento permanente, pari a quello che facciamo per le lingue straniere. Le lingue straniere siiii che servono, ma il Sardo? Inutile.
Non posso spiegare a cosa serve una lingua, non si può spiegare, bello mio se non lo capisci da solo mi dispiace per te, ma io non riesco a trasmetterti quella voglia di esprimersi che si concretizza in un flusso comunicativo che si colora in modo diverso volta per volta, non posso spiegarti che non si può dire la stessa cosa in due lingue diverse, che le traduzioni sono un’illusione, che nessuna lingua è completa e solo avendone tante a disposizione si può provare a descrivere l’indescrivibile nostra vita. Pazienza.
Quello che ti chiedo è solo di lasciarmi la libertà di parlare Sardo senza pietismi e velate prese in giro, lasciami la libertà di chiedere ai politici di proteggere la mia lingua dai barbari, lasciami la libertà di fare una battaglia che voi del ‘Sardo inutile’ avete già vinto.
Io sono rassegnato, questa nostra battaglia, in extremis, per la lingua sarda è persa in partenza e per questo penso che non dobbiamo combattere, non dobbiamo contrapporci a nessuna forza contraria perché perderemo, anzi abbiamo già perso.
Quello che dobbiamo fare è semplicemente usare la nostra lingua con gioia, insegnarla ai nostri figli, privilegiarla nelle scelte di acquisto e fruizione di opere culturali, ad esempio comprando e regalando libri in lingua sarda. Chiedere alla politica cose concrete, ad esempio una maestra che parla solo in sardo nella scuola dell’infanzia a fianco alla maestra che parla solo in italiano, e quindi attività in Sardo e attività in Italiano, come avviene nelle scuole bilingui, ci vogliono soldi, li devono trovare i politici, dovrebbe essere il loro lavoro, ma prima dobbiamo convincerli che quella è la strada da percorrere, lo dobbiamo fare sottovoce. Dobbiamo evidenziare che ci piacerebbe il bilinguismo ovvero qualcosa di più e di meglio della situazione attuale. Dobbiamo evitare di rispondere alle provocazioni. Dobbiamo adoperarci per togliere quell’alone di volgare e triviale che ci schiaccia quindi se vi piace dire le parolacce e le barzellette sporche fatelo sempre in italiano standard.