Le ragioni di una firma per il dominio .srd

Questo guest post è stato scritto da Andrea Maccis.

Negli ultimi 10 anscritta +.srdni (e potremmo tornare ancora più indietro nel tempo) si è parlato a più riprese di di dotare la Sardegna di un proprio dominio di primo livello (.srd) per i servizi Internet, ma mentre molte altre zone d’Europa si organizzavano e infine acquisivano i loro domini (Catalogna .cat, Paesi Baschi .eus, Bretagna .bzh, Corsica .corsica o Frisia .frl solo per citare alcuni esempi) riuscendo a dare un impulso importante verso l’interno e verso l’esterno relativamente alle loro particolarità culturali, linguistiche, geografiche ed economiche e mostrandosi al mondo come delle vere “comunità di interessi”, noi abbiamo perso sistematicamente il treno.
Come primo passo della inevitabile rincorsa, da qualche settimana è possibile firmare una petizione per chiedere a ICANN (l’autorità che gestisce i nomi a dominio di primo livello) di creare il dominio .srd per la Sardegna:

.srd #puntuSRD : un dominio per la Sardegna – unu domìniu po sa Sardìnnia – a domain for Sardinia

Perché un dominio nostro?

Gli esempi esteri ci dimostrano che una esposizione di questo tipo tende a rivitalizzare le minoranze linguistiche moribonde (come la nostra), ma vista la nostra strana realtà è abbastanza probabile che internamente un discorso del genere possa essere percepito come “di nicchia” se non addirittura auto-emarginante, quindi è decisamente più interessante ragionare relativamente alle nostre attività economiche.
Perché? In effetti potremmo continuare a usare tranquillamente il .it, il .com o il .biz per la nostra presenza su Internet. Però pensiamoci, se negli affari il migliore dei mondi possibili si ottenesse competendo miscelati nel grande calderone del globo, perché il mantra del “made in Italy” verrebbe recitato con tanta insistenza? E perché DOC, DOCG e oggi DOP sarebbero delle certificazioni così preziose? Evidentemente l’origine, la differenziazione, l’ostentazione del particolare irriproducibile, portano un valore aggiunto rilevante. L’idea è semplicemente quella di far giocare la Sardegna nella Serie A di Internet. Alla fine, cos’è il sistema dei nomi di dominio della Rete se non un gigantesco “elenco telefonico” che ci permette di associare dei nomi a dei numeri? Per aspirare a divenire una meta ambita, il primo passo è accertarsi di essere conosciuti e riconoscibili. Vogliamo fortemente che ci telefonino, dobbiamo solo renderci conto della differenza sostanziale tra fornire come recapito il numero del centralino o pubblicizzare direttamente il nostro interno.

Perché le firme?

ICANN ha una procedura già interamente normata per la richiesta di nuovi domini di primo livello, quindi tendenzialmente le firme non sarebbero indispensabili, ma la petizione, come suggerito per esempio dalle esperienze di .cat e .bzh, assume un grande valore su almeno due fronti :
– pubblicizzare e rinvigorire la campagna permettendole di acquisire consenso interno;
– dimostrare l’effettiva esistenza di una reale comunità di interessi dietro al dominio (da spendere con ICANN in fase di richiesta).

Quante firme?

Dato che è molto difficile stimare un numero realmente rappresentativo dell’esistenza di una forte “comunità di interessi”, non si può far altro che basarsi su numeri raggiunti da chi ha già percorso con successo la strada del riconoscimento. I Bretoni ad esempio hanno raccolto 10.000 firme in 3 mesi per il loro .bzh e malgrado da noi le cose vadano decisamente più a rilento, perché non osare sperando di raggiungerli almeno nei numeri dato che con i tempi è impossibile? Ecco perché 10.000 firme sembrano un obiettivo interessante oltre che decisamente sfidante.

Perché .srd e non .sar o .sard o .sardegna?

La Sardegna non è uno stato sovrano, quindi, non potendo ambire a un ccTLD (country code top-level domain, un dominio di primo livello a 2 lettere) deve necessariamente ripiegare su un gTLD (generic top-level domain, un dominio di primo livello a 3 o più lettere), un tipo di dominio per il quale ICANN, da qualche anno, accetta richieste basate su particolari interessi culturali, geografici o economici. Ecco quindi che puntare sulle particolarità linguistico-culturali oltre che geografiche probabilmente potrebbe aprire a maggiori possibilità di successo e visto che srd è il codice di classificazione ufficiale della lingua sarda a 3 caratteri (ISO 639-2 e ISO 639-3) il cerchio si chiude facilmente, ricalcando il percorso seguito dai Catalani per il loro .cat.
Non bisogna dimenticare che ICANN probabilmente si aspetterà una specie di nullaosta da parte del Governo Italiano (la lettera di supporto all’iniziativa di un Ministro o qualcosa di simile) quindi l’ombra di eventuali rivendicazioni territoriali potrebbero complicare la procedura. Puntare decisamente su una positiva visione culturale dell’iniziativa, la rende politicamente inattaccabile.

Basta firmare?

La petizione è solo il primo passo per il raggiungimento dell’obiettivo, quindi, oltre che firmare è molto importante parlare dell’iniziativa al fine di raccogliere altre firme ma anche di renderla nota e forte su Internet (specialmente sui social media con l’hashtag #puntuSRD). Il riconoscimento della legittimità della nostra richiesta non può prescindere dalla dimostrazione di un effettivo interesse diffuso. Bisogna crederci ed esserne entusiasti.

Il guest blogger
Andrea Maccis si interessa di economia e gestisce il blog Sardunomics.
Sardunomics chistionat de economia, ma in sardu.